Venerdì, 17 Maggio 2024 10:09

I principi di azione valida applicati alla pedagogia In evidenza

Nel Nuovo Umanesimo, i Principi di Azione Valida rappresentano un punto di riferimento per una linea di condotta che porti verso la coerenza e la nonviolenza.

Nel campo educativo, questi principi possono essere ispiratori dell'azione pedagogica; senza assumerli come dogmi, i principi vanno applicati mantenendo una certa flessibilità e vanno considerati come un insieme armonico.

In ultimo, i principi sono validi sia per l'educatore che per l'educando.

Il principio di adattamento

Andare contro l'evoluzione delle cose è andare contro se stessi.

Questo principio ci invita ad accettare profondamente le situazioni ineluttabili, al di fuori del nostro campo d’azione.

La non accettazione di questo principio porta alla sofferenza e al rischio di non riconoscere la difficoltà o il cambiamento dell’altro.

Esempi in campo educativo possono essere:

un genitore che rifiuta la disabilità di un figlio impedendogli così di avere uno sviluppo adeguato e completo delle proprie capacità e potenzialità;

il rifiutarsi di crescere, il voler restare bambini, il non accettare le trasformazioni del proprio corpo tipiche della pubertà.

Accettare con profondità ogni cambiamento inevitabile significa accettare profondamente noi stessi e può aiutarci a vivere le opportunità che il presente ci offre in modo più costruttivo e sereno; godendo dei successi e dei traguardi della situazione attuale che rappresentano i tasselli su cui continueremo a costruire il nostro futuro.

Il Principio di Azione e Reazione

Quando forzi qualcosa per raggiungere un fine, produci il contrario.

Questo Principio vuole spiegarci che quando forziamo il comportamento di una persona, la persona potrà anche cedere momentaneamente alle nostre esigenze, però gli effetti a breve o a lungo termine della forzatura risulteranno diversi da quelli che desideravamo ottenere.

Non rispettando questo principio, non si tiene conto dell’altro che viene vissuto come  oggetto dei nostri desideri e intenzioni e del quale non vengono riconosciuti libertà e intenzionalità.

In campo educativo sono molte le situazioni in cui questo principio non viene attuato.

Un genitore che spinge il proprio figlio a camminare o a parlare senza rispettare i suoi tempi di crescita può avere come conseguenza che il bambino diventi insicuro e incerto nelle sue fasi evolutive.  Un bambino che vuole saltare le tappe e comportarsi come un adulto rischia di crescere con ruoli inadeguati alla propria età e di sentirsi disorientato rispetto ai propri coetanei.  Un genitore che impone al figlio le proprie aspirazioni, potrebbe creare un rapporto conflittuale in cui manchi dialogo e comprensione e alimentare il senso di ribellione e frustrazione del proprio figlio come reazione.

Tenere conto del principio di azione e reazione consente di creare delle relazioni umane basate sull’accettazione reciproca, sul rispetto delle diversità individuali e sicuramente evolutive e nonviolente.

Il Principio di Opportunità dell’azione

Non opporti ad una grande forza. Retrocedi finché non si indebolisce; allora avanza con risolutezza.

Questo Principio non raccomanda di retrocedere davanti ai piccoli inconvenienti o ai piccoli problemi che si incontrano nella vita di tutti i giorni, ma solo davanti alle forze irresistibili, a quelle, cioè, che riuscirebbero sicuramente a sopraffarci se le affrontassimo.

Retrocedere di fronte a piccole difficoltà debilita le persone, le rende pusillanimi e timorose. Non retrocedere dinanzi a grandi forze, al contrario, le predispone a tutti i tipi di fallimenti e di incidenti.

Applicare questo principio al campo educativo significa, ad esempio, non lavorare mai “contropelo”, forzando la disposizione o le inclinazioni dell'educando, ma facendo nascere in lui la necessità di una risposta proporzionata alle proprie possibilità.

Rispettare il principio implica valutare attentamente la propria forza, quella che è richiesta dal progetto da attuare e quella delle opposizioni che inevitabilmente si frapporranno alla sua realizzazione, ma anche lo sviluppo della capacità di saper attendere, di non accelerare i tempi di maturazione degli eventi e di saper cogliere i segnali dell'ambiente, sia quando ci suggeriscono di fermarci, sia quando ci suggeriscono di “avanzare con risolutezza”.

Il Principio di Proporzione

Le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno separate.

Questo principio esprime l’importanza di mantenere  un equilibrio e uno sviluppo globali e non parziali. Questo vale per la vita di ognuno, per le comunità umane ed anche nel rapporto educativo.

Le cose si evolvono realmente quando a ciascuna di esse viene applicata una forza proporzionale all’importanza che le è stata attribuita.

Quando ciò non avviene e si dedicano tempo ed energie in maniera sproporzionata si generano degli squilibri che condurranno ad un deterioramento generale.

Nel campo educativo ci sono diversi esempi della non applicazione di questo principio: ci sono  genitori che tendono a generare una crescita squilibrata di alcune caratteristiche dei propri figli, ad esempio l’aspetto atletico o quello nozionistico, a discapito di uno sviluppo più equilibrato.

Un secondo esempio è ravvisabile nella tendenza degli alunni a concentrare il proprio interesse su alcune materie di studio, di solito quelle preferite, invece di distribuire le proprie forze su tutte le materie.

Quando un'azione educativa è mirata allo sviluppo equilibrato di tutti gli aspetti che la compongono possiamo essere certi che quella è un'azione di  crescita evolutiva e armonica.

Il Principio di Conciliazione

Se per te stanno bene il giorno e la notte, l’estate e l’inverno, hai superato le contraddizioni.

Questo principio invita alla costruzione di un equilibrio interiore che ci consenta di vivere con serenità anche le condizioni avverse e che ci ponga nell'atteggiamento di una profonda comprensione che tutto ciò che ci accade ha un senso.

La non accettazione di questo principio porta alla sofferenza e al rischio di entrare inutilmente in conflitto con il mondo senza alcuna possibilità di soluzione.

Riferito alla questione educativa questo principio ci invita a vivere il fallimento così come il successo sia di chi viene educato che di chi educa, come momenti di crescita, stimolo ed evoluzione.

Il principio ci consente di imparare a mettere la giusta distanza emotiva tra noi e le cose, per poterle osservare,  gestirle e mantenere la nostra rotta.

Il principio del Piacere

Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza inibizioni quando si presenta l’opportunità.

L’idea principale che esprime il principio è quella di non perseguire il piacere in maniera compulsiva, ma di esercitarlo semplicemente quando si presenta, giacché la ricerca dell’oggetto piacevole a tutti i costi o la fuga da esso sono sempre accompagnati da sofferenza.

Nell’ambito educativo l’eccesso di golosità tipico dei bambini genera inevitabilmente dei problemi sul piano della salute fisica.

Lo stile educativo che non preveda momenti di svago o di gioco risulta pesante, poco efficace e poco evolutivo.

Il bambino che non vuole condividere i giochi si ritrova a giocare da solo. 

Il piacere in senso lato non è né da esaltare né da demonizzare. Quando diventa l'obiettivo principale della nostra vita però, inevitabilmente favorisce la tendenza all'avidità, all'egoismo, all'affermazione solo ed esclusivamente dei propri bisogni.

Quando il nostro piacere si muove in armonia con l'ambito, senza creare danno ad altri nè a se stessi, diventa fonte di energia positiva, slancio e vitalità.

Il Principio dell’Azione Immediata

Se persegui un fine ti incateni, se tutto ciò che fai lo fai come fine in se stesso, ti liberi.

Questo Principio non nega la possibilità di avere degli obiettivi, giacché la pianificazione di una qualunque attività implica un fine. Ma ci mette in guardia dal rischio di identificarsi troppo con il fine perdendo di vista la visione d’insieme e le variabili date dal modificarsi delle condizioni. Detto questo, l’efficacia dell’azione progettata è data dal considerare ogni passo intermedio come fine a se stesso e quindi con un senso compiuto e la dovuta attenzione.

In caso contrario se i risultati non arrivano o “deludono” le aspettative ci si può sentire frustrati, così come poco soddisfatti se i risultati invece arrivano; questo porta a non comprendere pienamente l’esperienza fatta.

In altri casi, il raggiungimento degli obiettivi viene fatto ai danni di altri aspetti, producendo uno squilibrio.

Ci sono vari esempi che possono rifarsi alla non applicazione di questo Principio: nel campo scolastico, spesso la tensione di ultimare il programma  penalizza i passi intermedi rappresentati dalla valutazione delle condizioni di partenza, del processo globale di crescita di un alunno, dalla verifica dell’effettivo apprendimento.

Un secondo esempio è ravvisabile nella relazione genitori/figli, spesso intrisa da aspettative, come quando si fa praticare ai figli uno sport oppure una disciplina artistica sperando che magari diventi “qualcuno” in quel campo, trascurando obiettivi altrettanto importanti come il giocare e imparare a stare con gli altri.

Applicare questo principio in campo educativo significa (sia per l’educatore che per l’educando) imparare a valutare la propria esperienza non tanto dai risultati raggiunti negli obiettivi fissati quanto osservando i limiti superati e le strategie utilizzate per riuscire a superarli. In questo modo si può andare avanti nella costruzione della propria conoscenza e della propria evoluzione umana basandosi soprattutto sull’esperienza e i suoi registri.

Il Principio di Comprensione dell’Azione

Farai sparire i tuoi confitti quando li avrai compresi nella loro ultima radice e non quando li vorrai risolvere.

L’esperienza comune è che davanti a un problema da risolvere o un “conflitto” cerchiamo di trovare una soluzione partendo da strategie e comportamenti consolidati,  oppure agendo in modo compulsivo e congiunturale, cioè valutando solo la soluzione immediata senza tener conto dell’origine del problema.

Non considerare questo principio rende poco efficace l’azione e porta al ripetersi della situazione problematica perchè non compresa nella sua radice.

Ad esempio, in molte situazioni educative si attribuisce lo scarso rendimento ad uno studio inadeguato quando magari il problema è il metodo di studio o la comprensione delle consegne cioè delle indicazioni e raccomandazioni che l’educatore ha dato.

Questo Principio ci invita ad applicare uno sguardo più approfondito e globale sulle situazioni conflittuali: cercando di osservare il problema in modo obiettivo; concedendosi il tempo per meditare sulla situazione; provando a riflettere mentre si agisce; cercando nuovi ruoli o comportamenti da applicare e tentando di cambiare il punto di vista.

Il Principio di Libertà

Quando danneggi gli altri ti incateni. Ma, se non danneggi nessuno, puoi fare quello che vuoi con libertà.

Questo Principio spiega, in primo luogo, che se creiamo dei problemi agli altri, ne verrà come conseguenza che gli altri creeranno problemi a noi. In secondo luogo, esso dice che non c’è motivo di smettere di fare ciò che ci piace, se nessuno viene danneggiato dalle nostre azioni.

Nella cultura occidentale la credenza è che essere liberi significa fare ciò  che si vuole, soddisfacendo i propri desideri e le proprie necessità. Veniamo educati ad attuare il principio “vince il più forte, il migliore, il più competitivo”.

Quando si agisce così non si ha certo la percezione di danneggiare gli altri, semplicemente sembra di esprimere la propria libertà.

Ma quali possono essere i comportamenti che danneggiano gli altri e danno un registro di “incatenamento”? Per esempio il bullo in una scuola o in un gruppo di amici che tiranneggia il più debole soddisfa così il suo bisogno di accettazione, ma alla lunga viene isolato; l’adulto che usa metodi educativi basati sull’imposizione e sulla punizione partendo dalla sua posizione di “potere”, si ritrova davanti al fallimento del suo stesso metodo educativo quando, chi è educato, smette di avere “soggezione” o paura e non riconosce più quell’autorità.

Applicare questo principio significa educare alla consapevolezza ed al rispetto non solo di se stessi, ma degli altri e del contesto in cui siamo.

 

Il Principio di Solidarietà

Quando tratti gli altri come vuoi essere trattato ti liberi.

Imparare ad applicare questo principio porta a riconoscere e rispettare l’individualità dell’altro, il suo paesaggio di formazione, i suoi valori e di conseguenza non cercare d’imporre la propria individualità, il proprio paesaggio di formazione e i propri valori.

Se non si applica questo principio si arriva a non rispettare gli altri, a considerarli oggetti senza percepire l’altro come  un essere umano. Ciò porta ad una società-giungla in cui tutti cercano di usare gli altri.

Fin da bambini bisognerebbe essere educati ad ascoltare il proprio corpo, le proprie emozioni e sensazioni: gli indicatori dello stare bene o stare male. Solo così è possibile chiedersi nelle situazioni come vorremmo essere trattati e usare lo stesso metro di misura nella relazione con l’altro.

L’atteggiamento solidale dovrebbe essere la base dell’azione educativa per non creare i presupposti di un sociale basato sulla competizione sfrenata e sull’arrivismo.

Trattare gli altri come vorremmo essere trattati ci libera perché non ci dà isolamento e chiusura, ma ci porta arricchimento e crescita sia individuale che sociale.

Il Principio di Negazione degli Opposti

Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi, ciò che importa e che tu comprenda che non hai scelto nessuna parte.

Nasciamo in un contesto che costituisce il nostro paesaggio sociale, le nostre credenze, i valori in cui ci formiamo. Questo paesaggio di formazione agisce come una meccanica nella trasmissione di modelli e ruoli e nei comportamenti con gli altri.

Nel momento in cui si accetta con profondità l’azione di questo paesaggio e dei suoi modelli che non abbiamo scelto, siamo in grado anche di accettare profondamente gli altri nella loro diversità (che anch’essi non hanno scelto)

La non applicazione di questo principio genera quella non comprensione dell’altro che sfocia in razzismi e discriminazioni varie, guerre di religione ed etniche. Ad un livello più personale impedisce la comprensione dell’altro.

In campo educativo il lavoro sul riconoscimento e l’accettazione delle varie condizioni di origine dei singoli dovrebbe essere alla base dell’azione educativa, secondo il principio della convergenza nella diversità e della diversità come ricchezza.

Capire in profondità questo significa andare al di là delle posizioni e delle idee personali, significa guardare all’aspirazione o all’obiettivo comune e cercare la convergenza nella diversità.

Convergenza che si può provare se riconosciamo nell’altro il tentativo di vivere in una direzione di coerenza e di stile di vita nonviolento.

Il Principio di Accumulazione delle Azioni

Gli atti contraddittori e unitivi si accumulano in te. Se ripeti i tuoi atti di unità interna, niente ti potrà fermare.

Con questo Principio si intende dire che ogni atto realizzato rimane impresso nella memoria. Pertanto sia la ripetizione di azioni che generano una sensazione positiva di coerenza  interna, che quella di atti che generano contraddizione, vanno a consolidare una memoria che  indirizza le azioni future o nel senso della coerenza od in quello della contraddizione.

L’accumulazione nella memoria di azioni contraddittorie genererà sempre più violenza interna e quindi sofferenza.

Nell’ambito educativo l’educatore dovrebbe rinforzare le azioni coerenti dell’educando  incoraggiando questa direzione;  un educatore che dimostra coerenza nel pensare, sentire ed agire acquista credibilità ed autorevolezza e quindi la sua azione diviene più efficace.

Un’attenzione particolare agli atti coerenti ed alla loro ripetizione genera una coerenza interna crescente e, quindi, una crescente felicità.